INTRODUZIONE
Il credente, al pari di ogni altra persona, è una persona viva, con la
sua storia personale, i suoi vissuti affettivi, le sue dinamiche e le sue
motivazioni più o meno coscienti. Mai come in quest'ultimo secolo le scienze
moderne hanno modificato la maniera con cui l'uomo può conoscere la propria
condizione e scoprire dimensioni sino ad ora inaspettate della propria
esistenza. La psicologia, forse ultima ma non per questo meno importante fra le
scienze moderne, è una scienza empirica che si rivolge all'esame dei fenomeni
psichici e comportamentali dell'essere umano. Fra questi riveste particolare
importanza la dimensione religiosa, ed il punto di vista specifico della
psicologia sulla religione è lo studio del significato e della funzione di
questo fenomeno nella struttura e nel funzionamento della persona stessa.
Fin dal sue origini la psicologia ha costruito teorie per
spiegare
la religione, spesso tentando di dimostrare che l'idea di Dio altro non
sarebbe che la produzione illusoria di desideri o angosce umane. In realtà non
è Dio ciò che possiamo cogliere con la psicologia e la psicoanalisi, ma il
nostro desiderio di Lui, il rapporto vissuto che il credente mantiene con il Dio
Padre da lui confessato. La realtà religiosa con la quale la psicologia ha a
che fare è sempre quella degli uomini che sono diventati religiosi, non si
interroga sulla realtà del divino perché questo non gli compete, non afferma
che sia l'uomo ad aver creato la religione perché così cadrebbe nello
psicologismo, bensì cerca di comprendere le dinamiche del rapporto fra l'uomo
ed il mondo religioso sul versante psicologico: ciò che di psichico vi è nella
religione, i sentimenti, i tratti di personalità, i bisogni, le motivazioni, i
significati e le intenzioni latenti che fanno parte della religione vissuta e di
cui i soggetti non hanno necessariamente una chiara coscienza. Inoltre come
questi significati e queste intenzioni si organizzano e formano la struttura
religiosa personale, in che modo l'archeologia psichica recepisce il sistema
simbolico della religione e in che modo l'influenza è reciproca, in che modo c'è
scambio. La religione qui è un comportamento ed un sistema di credenze e
sentimenti e su cui la psicologia non offre un giudizio sulla validità del
relativo messaggio.
L'esclusione metodologica del trascendente, punto basilare per ogni
corretto approccio, colloca la psicologia e la psicologia della religione in
particolare, al di qua e al di fuori degli interrogativi di rilevanza
ontologica, essa non può pronunciarsi sulla reale esistenza di Dio, ed esclude
il ricorso al trascendente stesso come principio di spiegazione dei fenomeni
psichici. Non spetta perciò alla psicologia distinguere tra vera e falsa
mistica, il suo scopo è di promuovere la rettitudine religiosa. L'oggetto del
suo studio è l'uomo, che attraverso processi di natura psichica diventa
religioso o meno in risposta alle sollecitazioni che emanano dai simboli
religiosi, è la relazione con il divino, le esperienze che spingono alla
condotta e alla credenza religiosa, l'angoscia, il senso di colpa, l'etica, la
preghiera, il rito, le forme adattive e mature, le deformazioni patologiche e
disadattive: la religione interpella lo psicologo non sul piano dei contenuti ma
su quello dei percorsi e dei processi in gioco. Poiché una disposizione
religiosa è autentica se è in corrispondenza con la religione che la persona
afferma di praticare, e questo aiuta nel distinguere le forme patologiche della
religiosità, così come è autentica se è in accordo con le verità del mondo
che sono state fatte conoscere dalla ragione scientifica, pena la scissione fra
verità di fede e verità di ragione e quindi fra religiosità e vita sociale.