LE RAFFIGURAZIONI DI DIO
Il monoteismo biblico presenta un Dio
personale che non è una potenza più o meno interna all'universo, una
potenza naturale, ma è “personale” perché si dichiara personalmente con un
atto di parola. Tutto questo è intrinsecamente legato a ciò che la teologia
chiama "Rivelazione". In questa religione l'atteggiamento specifico è
la fede che consiste nel dare l'assenso alla parola dell'Altro come Persona: si
"crede in" e non o non solo si "crede che".
Per noi cristiani il rapporto religioso passa inoltre attraverso il
simbolo del padre. La rappresentazione cristiana di Dio è quella che deriva
dall'esperienza di Gesù, è la figura di Padre che egli ci fa conoscere nei
Vangeli, termine che è relazionale e non astratto come divino o infinito. Ma,
viene da chiedersi, perché Padre e non Madre? Se i genitori, come abbiamo
visto, hanno un profondo effetto strutturante sullo psichismo, quanto
l'esperienza familiare con il proprio padre incide sul rapporto religioso? Se vi
è una dialettica tra il legame materno e la legge separatrice, fra la figura
del padre e l'autorità - dialettica che permette all'individuo un graduale
inserimento nel mondo ed un differenziarsi dagli altri - quanto incide l'assenza
della dualità padre-madre terreni in riferimento al Padre celeste?
Per Freud ciò che è proprio della religione del padre è la delega data
a Dio del compito di realizzare l'onnipotenza dell’uomo, della quale egli si
sente privo. Dio è come un riflesso dell'onnipotenza immaginaria dei desideri,
è infinitezza dei desideri umani e finitezza della loro realizzazione, è
ingrandimento della paternità umana protettrice e benevola (desiderio di
protezione) oppure la causa della legge (senso di colpa). Viceversa la madre
rappresenterebbe durevolmente l'amore incondizionato.
Il rapporto di figlio con il Padre, come abbiamo detto, costituisce
l'originalità essenziale del N.T. Trascendente ed insieme intimo, tale è la
paternità di Dio. Capace attraverso la sua parola di trasformare gli uomini in
figli partecipi della dignità divina, il Padre restituisce all'uomo la sua vera
libertà (che poteva esser defraudata da un Dio onnipotente) all'interno d'un
legame religioso. Il Padre è riconosciuto come colui che rispetta l'autonomia
dell'uomo e sostiene la sua responsabilità. In questo caso l'onnipotenza di Dio
non esclude la libertà umana bensì la fonda e dona all'uomo quel suo spazio
necessario per essere veramente tale. Dev'essere l'uomo, attraverso le sue
scelte e le sue decisioni, a fondare su di un Altro quella che pensa sia la sua
libertà totale, esclusiva, affinché non sia una libertà vuota.
La fede qui è superamento d'una libertà che si credeva assoluta, è il
raggiungimento del "conosci te stesso" quale imperativo che ci giunge
dall'antica filosofia e che aveva un senso non solo psicologico bensì
religioso: "conosci te stesso e sappiti uomo, non dio". La religione
necessita di un atto d'umiltà nell'assenso della verità concernente l'uomo e
l'atteggiamento religioso è strutturazione di tutta la personalità in funzione
della relazione con Dio, che suppone una libertà interiore difficilmente
raggiungibile prima dell'età adulta. E' infatti con la vita affettiva, teorica
e pratica, che l'identità viene acquisita. Sembra che prima, l’uomo, debba
fare l'esperienza , spesso ribelle, della propria autonomia e delle proprie
potenze creatrici, per poi essere in grado di scoprire la paternità di Dio ed
il senso della filiazione.
E' richiesto perciò che l'uomo si sganci dai legami egocentrici
allacciati durante l'infanzia con gli uomini e con Dio, pena il ricercare un
“padre sostitutivo” che risponda alle proprie richieste. La filiazione
liberamente assunta porta ad integrazione la persona, unisce il terrestre ed il
celeste, suppone un contatto effettivo con la propria umanità che si sta
facendo ed un assenso lucido a Dio. L'uomo adulto è colui che giunge in certa
misura a liberarsi dei propri determinismi psicologici e sana la frattura tra
Dio ed i suoi movimenti psichici.
Invocando Dio come "padre" non si riconduce assolutamente
l'immagine divina ad un unico polo parentale esclusivo del polo materno.
"Padre – potremmo dire - il cui nome è padre e
madre": l'immagine divina si rivela come la sintesi complessa delle
figure parentali. Nel contempo il nome di Padre strappa l'uomo al ripiegamento
su se stesso, segna la signoria divina sull'uomo ma anche la sua autonomia,
offre se stesso come fonte della vita e assicura all'uomo un amore
incondizionato.
Nel linguaggio religioso la fede richiede una conversione, un
rovesciamento che riguarda l'esistenza nel suo nucleo più intimo e la storia
affettiva e relazionale non predispone naturalmente ad acconsentire ad un legame
che implichi una dipendenza definitiva: occorre un passaggio di rinuncia alla
autonomia radicale da parte dell'Io ed alla sicurezza del pensiero razionale. Il
padre, come detto, è un simbolo che fa pensare la "quasi-necessità"
della ribellione umana, del "bisogno" che l'uomo ha dell'esperienza
della propria autonomia ma insieme, sorprendentemente, nella figura del Padre il
diritto all'autonomia umana, invece di essere soppresso, si trova confermato
dalla fede.
INFANTILISMO RELIGIOSO: Con questo termine si intende il pensare che la
religione sia cosa da donne, che
non riguardi l'uomo, che la pratica religiosa non sia virile o da adulti,
vergogna nel confessare la propria fede, ecc., come se la propria autonomia
venisse ridotta. Ricerca eccessiva del sentimentalismo religioso. L'esaltazione
pseudo-mistica della Vergine Maria. L'accentuazione
eccessiva di certe virtù che potremmo definire passive: l'umiltà,
l'obbedienza la castità, la povertà, la sofferenza, che hanno contribuito a
svigorire il cristianesimo, mentre la vera umiltà dinanzi a Dio è anche
coraggio davanti agli uomini e non servilismo, ed un certo masochismo umano ha
eccessivamente mascherato la sofferenza della fede.
Nei casi di religiosità patologica il transfert (proiezione di relazioni
con i genitori) impone all'idea di Dio rappresentazioni che deformano il
messaggio religioso. Dimensione materna = attaccamento fusionale verso una
divinità diffusa, o grande madre divina, protettrice e consolatrice, che
“doni” intimità e tenerezza. Dimensione paterna = giudice assoluto, che
governa, che ha forza, ecc.