Epifania
Gesù nacque a Betlemme di
Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e
domandavano: "Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la
sua stella, e siamo venuti per adorarlo". All'udire queste parole, il re
Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi
sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva
nascere il Messia. Gli risposero: A Betlemme di Giudea, perché così è scritto
per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più
piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio
popolo, Israele.” Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con
esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme
esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando
l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".
Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel
suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si
trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia.
Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo
adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e
mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada
fecero ritorno al loro paese.
La contrapposizione descritta da Matteo rispecchia la storia di tutti i
tempi ed abita il cuore di ogni uomo. Quello che troviamo, in breve, descritto
nel brano di oggi corrisponde alla seduzione di tutti i potenti di questo mondo:
la politica cerca di servirsi della religione al solo scopo di consolidare il
suo potere e chi regna mostra di renderle omaggio per servirsene, proprio come
Erode – a riprova di questo vediamo come la Chiesa sia spesso lusingata da
ogni schieramento politico e come ognuno cerchi di “tirarla” dalla sua
parte, costituendo, per essa, una vera tentazione. Non solo, anche per il
singolo cristiano l’alleanza e il compromesso con il potere politico,
qualunque esso sia, può limitare la propria vocazione e allontanare dalla
propria verità. Basta studiare la storia di questi duemila anni di
cristianesimo, e ancora oltre è sufficiente guardare il popolo dell’A.T. che
ci ha preceduti. L’ideale di un unico stato, una sola chiesa, una sola fede e
una sola religione, anche se sembra appartenere a tempi ormai lontani da noi,
forse non è mai tramontato del tutto nelle menti dei più tradizionalisti e
conservatori. Dobbiamo sempre ricordare che questo non permette alla Chiesa di
essere sufficientemente libera, sufficientemente capace di denunciare le
ingiustizie e i potenti di questo mondo, con tanto di nome e cognome. Non le
permette di avere quello spirito profetico a cui la sua vocazione la chiama, non
può essere il “lievito” nella pasta che continuamente mette in crisi,
trascende e fa maturare. Non esiste un regno di questo mondo che può contenere
e realizzare pienamente lo spirito cristiano, la cui vocazione è quella,
appunto, di mettere in discussione ogni potere costituito e ogni disuguaglianza
legalizzata. Anche a questo porta la fede. C’è un termine nel Vangelo di
oggi, anzi un movimento, che esplica quanto detto…”siamo venuti per
adorarlo”. Ecco, il fine del cammino dell’uomo è proprio questo, alla
manifestazione di Dio corrisponde l’adorazione dell’uomo! Adorazione è
riconoscimento della grandezza di Dio e assieme della piccolezza dell’uomo,
senza che per questo egli perda la sua dignità, tutt’altro. E’ quando Dio
è al suo posto, quando riceve dall’uomo – per così dire - peso e sostanza
che l’uomo stesso riceve dignità, che la sua vita è liberata dalle paure,
dalla schiavitù e dall’asservimento. Ed è proprio dall’adorazione, dalla
giusta collocazione dell’uomo di fronte al suo Dio, che egli riconosce
nell’altro un essere di pari dignità. L’adorazione, quindi, costituisce un
elemento di liberazione e di giustizia e la preghiera non può che spingermi
verso il fratello più debole: quando piego le ginocchia di fronte a Dio
stabilisco che tutti gli uomini sono uguali e scelgo gli ultimi per ristabilire
l’uguaglianza vera. Per questo il potere e i potenti non potranno mai adorare
Dio perché, per loro natura, si nutrono della disuguaglianza. Nel loro mondo si
parla di religione, non di Dio. “Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo
venuti per adorarlo” sono queste le parole che mettono in subbuglio Erode,
Gerusalemme, gli scribi e i sacerdoti di allora. Certo ci saranno dei punti in
comune per il bene dell’umanità per cui lavorare, ma persino la religione,
quando non porta a Dio,
all’adorazione vera, quella in “spirito e verità”, quella libera e
liberante come richiesta e vissuta da Gesù (cf. Gv 4,23-24), può diventare uno
strumento alla dipendenza degli uomini, uno strumento al servizio del potere e
dell’alienazione.
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