Santa
Famiglia
Gen 15,1-6;21,1-3
Dopo
tali fatti, questa parola del Signore fu rivolta ad Abram in visione: "Non
temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande".
Rispose Abram: "Mio Signore Dio, che mi darai? Io me ne vado senza figli e
l'erede della mia casa è Eliezer di Damasco". Soggiunse Abram: "Ecco
a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede". Ed ecco
gli fu rivolta questa parola dal Signore: "Non costui sarà il tuo erede,
ma uno nato da te sarà il tuo erede". Poi lo condusse fuori e gli disse:
"Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle" e soggiunse:
"Tale sarà la tua discendenza". Egli credette al Signore, che glielo
accreditò come giustizia. Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a
Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella
vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che
gli era nato, che Sara gli aveva partorito.
Lc 2,22-40
Quando
venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il
bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del
Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in
sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge
del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e
timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era
sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima
aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al
tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la
Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: "Ora lascia, o Signore, che
il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto
la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare
le genti e gloria del tuo popolo Israele". Il padre e la madre di Gesù si
stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a
Maria, sua madre: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in
Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti
cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima". C'era anche una
profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata
in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era
poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal
tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in
quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti
aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo
la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il
bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era
sopra di lui.
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Nell’antichità
i padri della Chiesa, interpretando allegoricamente questo brano, intravedevano
nelle figure di Simeone ed Anna l’A.T. che attende e lascia il posto al Nuovo
(il Cristo). Senz’altro in questo Vangelo è presente un’attesa, un’attesa
di generazioni (cf. Mt 13,16-17), un’attesa che riguarda tutta l’umanità,
ma non solo. In questo Vangelo si incontrano e si toccano i punti estremi della
vita: inizio e compimento, infanzia e anzianità. Anziani e bambini sono, in una
società consumistica ed efficientistica come la nostra, le categorie che hanno
minore importanza e rilevanza sociale. Non così all’interno della famiglia, o
perlomeno non dovrebbe essere così. In una famiglia il giovane ha il sapore
della vita che sboccia e l’anziano della vita che si è compiuta. In tutte le
culture il ruolo dell’anziano è ben definito, è il ruolo del saggio.
L’anziano incarna la saggezza, il suo consiglio va sempre rispettato, da lui
si va per scoprire il senso della propria esistenza, per avere una risposta.
Nella nostra società vi sono sempre più anziani che sono invecchiati ma che
non hanno raggiunto la saggezza e per questo la vecchiaia porta con sé il non
senso, la depressione o, a volte, la disperazione. Non sembra vi siano
alternative, o si raggiunge la saggezza, si scopre il senso della nostra vita,
si vede “il tassello nel tutto” oppure ci si rinchiude, si diventa egoisti,
ci si dispera. Se l’anzianità combacia con la saggezza essa non è più
un’età improduttiva, in cui si “gode” la pensione o in cui la sola
funzione utile è quella di accudire i nipoti, è l’età della parola e della
parola sulla vita. Anna infatti “parlava del bambino a quanti aspettavano la
redenzione...” L’anzianità può divenire il luogo della profezia, intesa
come un restituire il senso alla vita, al dolore, a ciò che ha difficoltà nel
trovare il suo senso. Può diventare difesa della famiglia, dei valori e della
vita stessa, non da nostalgici ma da profeti, cogliendo nella quotidianità i
segni dei tempi. Avere una speranza comune, condividere la propria vita,
camminare insieme, non c’è un limite di età o di sesso per la profezia e non
si invecchia se si guarda avanti con speranza e coraggio, cercando, ma anche
“avendo già trovato”, secondo le celebri parole di S. Agostino. Simeone era
uno che certamente non si accontentava come tanti e che ricercava il senso della
sua vita e così Abramo. Infanzia e anzianità sono più vicini di quanto si
creda, sono i due estremi della vita, sono indissolubilmente legati e ognuno ha
bisogno di luce dall’altro. La nascita richiama speranza, vita, futuro, che
però può ricevere il proprio indirizzo solo dalla saggezza di una vita
compiuta.